La maggior parte dei cavalli che abbiamo modo di vedere, dal vivo oppure in televisione, sono cavalli addomesticati. La doma del cavallo è una componente fondamentale della sua vita se, specialmente, è abituato a vivere libero nei campi con altri cavalli e “dall’oggi al domani” deve iniziare a fare un’attività come, ad esempio, portare in sella le persone.
Questo passaggio ovviamente non è naturale, perché in natura nessuno monta in sella ad un cavallo, e il cavallo essendo una preda ha paura di qualunque creatura che gli si avvicina con fare, per il suo modo di vedere, minaccioso.
La doma del cavallo è il processo che spinge un animale “selvaggio” a collaborare con l’uomo, facendo quello che gli viene chiesto. Ovviamente questa operazione è possibile allo stato naturale delle cose. Un cavallo è un animale sociale, predisposto a far parte di un gruppo e a stare agli ordini di un capo (a meno che si senta il capo lui stesso) per cui è possibile fargli capire che il suo capo e protettore è un essere umano. Con un serpente, ad esempio, che è un animale “non predisposto naturalmente” a questo tipo di relazioni in quanto solitario, questa cosa non sarebbe possibile.
La domesticazione del cavallo avviene per gradi e non è improvvisa, perché quello che bisogna far capire al cavallo è che deve vincere le proprie paure verso l’uomo, che lui vede come un predatore.
La tecnica più utilizzata, ormai, la cosiddetta “doma gentile” (che a differenza di quella classica non utilizza metodi dolorosi) si basa non sull’imporre al cavallo un comportamento da seguire, bensì sull’indurlo a seguire quel comportamento, apprendendolo. Per cui, quando si vuol fargli fare una certa azione, lo si induce a farla ma smettendo non appena la fa. Insomma, dal suo punto di vista, lo “aggrediamo” fin quando non fa una certa cosa, quella che vogliamo, quindi smettiamo.
Dal punto di vista del cavallo questo significa “Bene, io ho paura di quel coso che cammina su due zampe e che vuole mangiarmi. Però quando si avvicina, se io mi lascio toccare lui se ne va, quindi il modo migliore, per me, per evitare di essere mangiato è farmi toccare da lui, altrimenti non mi lascia in pace”. E così si lascia toccare ed accarezzare.
Per cui le prime volte che un addestratore si avvicina al cavallo il suo istinto sarà quello di scappare, anche se non andrà molto lontano (non può uscire dal recinto) fin quando non si lascerà toccare, la prima volta per caso, poi un po’ meno casualmente, poi sempre meno fino a fare il ragionamento che abbiamo appena descritto. Ovviamente chi addestra deve essere calmo e tranquillo, perché se entra Hulk-style difficilmente il cavallo si avvicinerà anche solo per curiosità.
L’addestratore, ovviamente, alzerà poi il tiro e pretenderà di spazzolare il cavallo, poi di mettere una sella, poi un morso, e così via fino a riuscire a salire in sella.
Il ragionamento è sempre lo stesso, perché quando il cavallo avrà imparato che noi non gli facciamo nulla, ma noi arriveremo con una pericolosissima e mortale mazza chiodata in mano (che è così per lui, per noi è una spazzola) avrà nuovamente paura, fin quando non capirà che quell’attrezzo serve per accarezzarlo e grattarlo, cosa che al cavallo piace.
Così si sale di livello, prima mettendo una sella sulla schiena del cavallo, poi accompagnandolo ripetendo gli esercizi che ormai ha già appreso, poi mettendo il morso ma sempre da terra per poi, come passo finale, salirgli in sella e successivamente far salire altre persone, così che lui non ci identifichi come “mosche bianche” tra gli uomini predatori.
Chiaramente questo è un metodo che richiede molta pazienza perché ogni cavallo ha il suo carattere, e se qualche cavallo è più fiducioso, qualche altro potrebbe esserlo molto meno, per cui un addestratore impiegherà molto più tempo nel domare quel cavallo, anche se con un po’ di pazienza sarà ovviamente possibile farlo con ottimi risultati.
Articolo a cura del Dott. Valerio Guiggi