Non molto tempo fa, un gruppo di ricercatori e scienziati ha scoperto un batterio capace di nutrirsi di plastica tossica, utilizzandola addirittura come fonte primaria di energia per attivare e mettere in funzione il processo di digestione.
Quest’organismo è stato rinvenuto in una discarica nella quale era stata gettata della plastica, ed è il primo del suo genere capace (e fino ad ora conosciuto) di “attaccare” il poliuretano.
Cos’è il poliuretano?
Il poliuretano è un materiale ottenuto per mezzo di una reazione chimica da parte di due agenti.
È un materiale molto usato per la realizzazione di vari tipi di oggetti: dai volanti delle auto, alle selle dei motorini, fino alle suole per le scarpe e alle spugne per la cucina.
Ogni anno milioni di tonnellate di questo particolare tipo di plastica vengono impiegati per produrre migliaia di oggetti che utilizziamo quotidianamente, ma che purtroppo vengono poi smaltiti nelle discariche perché troppo difficili da riciclare: essendo infatti una plastica termoindurente, essa non può essere fusa e disintegrata senza prima essere sottoposta a un processo che porta al rilascio di sostanze nocive di ogni tipo.
Un batterio in nostro soccorso
Quando questo materiale viene disintegrato, rilascia numerose sostanze tossiche e cancerogene molto pericolose per il nostro pianeta e, soprattutto, in grado di uccidere la maggior parte dei batteri.
Un gruppo di ricercatori e scienziati appartenenti al programma europeo P4SB (che ha reso l’oggetto delle proprie ricerche una discarica ricca di questo materiale plastico) ha scoperto un nuovo batterio, chiamato Pseudomonas sp. TDA1 in grado di sopravvivere e di rompere i legami chimici che compongono il poliuretano, disintegrandolo e quindi distruggendolo, divorandolo: una svolta sensazionale che permetterebbe lo smaltimento di questo materiale in un modo del tutto ecosostenibile!
Il gruppo di studiosi ha dichiarato che il prossimo passo sarà quello di identificare quali geni del nostro “amico batterio” sono responsabili della produzione degli enzimi capaci di decomporre, e quindi distruggere, il poliuretano.
Ma non è tutto! I ricercatori e gli scienziati ipotizzano che nella stessa “famiglia” batterica potrebbero trovarsi altri microrganismi in grado di attaccare un’altra plastica difficile da riciclare, il cosiddetto PET, utilizzato per realizzare, ad esempio, le bottiglie di plastica.
Stando agli autori dello studio, non appena sapremo qualcosa di più su come funzionano questi batteri, potremmo pensare di usarli per creare delle vere e proprie “micro fabbriche naturali” per riciclare la plastica.